Parovel
“Nel 1976 siamo stati i primi a imbottigliare nel Carso, insieme a Lupinc, e non ci siamo più fermati.”
A parlare è Elena Parovel, una donna fiera del suo lavoro, fiera della sua famiglia, fiera dei vini che insieme al fratello Euro, enologo della Maison, producono.
Ci incontriamo nella splendida cantina-fattoria-osmiza di Bagnoli della Rosandra, costruita 15 anni fa dove un tempo sorgeva un maneggio di cavalli.
Elena da quando fate vino?
La mia famiglia abita queste terre da sempre dedicandosi all’agricoltura, alla produzione di olio, di vino e all’allevamento di maiali. Dal 1898, 4 generazione ininterrotte di agricoltori. Mio padre lavorava in porto ma un’ernia del disco lo bloccò a casa costringendolo così a dedicarsi completamente alla viticoltura. Le sue fatiche furono ricompensate nel 1976 quando noi nel Breg e Lupinc a Prepotto, fummo i primi a imbottigliare il vino in Carso.
Mi mostra la bottiglia Parovel numero 1, slanciata, di forma renana, elegante in perfetto stile francese.
Da una quindicina di anni, grazie al lavoro di mio fratello Euro, produciamo il nostro fiore all’occhiello: la linea Barde, toponimo della nostra vigna più antica, la nostra vigna del cuore.
Scendiamo una bella scalinata a chiocciola ed entriamo nella cantina 6 metri sotto terra.
Produciamo Malvasia, Vitovska e Terrano vinificati in acciaio, nelle barrique di rovere di Allier, e nei tonneau di rovere di Slavonia riposano il Matos Nonet (malvasia sauvignon sermillon) e il Refosco. I nostri vigneti si trovano affacciati sulla valle del rio Ospo, sotto Caresana a Barde. Proprio qui batte il nostro cuore. Abbiamo la fortuna di avere i vigneti perfettamente esposti a sud sud-ovest, il sole dunque non manca e la maturazione delle uve è completa.
La nostra eccellenza è rappresentata proprio da questi vigneti baciati dal sole. Con le nostre uve perfettamente mature diamo espressione a vitigni che rappresentano la nostra terra come la Vitovska, la Malvasia, la Glera, il Refosco e il Terrano. Continuiamo a coltivare nelle vecchie vigne quel che resta di antichi vigneti come Semillon che, raccolto tardivamente agli inizi di ottobre, regala al Matos Nonet un’eleganza particolare.
Chiacchierando entriamo nella saletta degustazione, bella spaziosa. Le pareti sono rosse. Bellissimi tavoli in legno restaurati arredano la stanza , ne scegliamo uno in perfetto stile decò.
Insomma tradizione e innovazione qui vanno a braccetto?
Crediamo fortemente che il vino debba raccontare il territorio, la sua storia, le sue tradizioni e, allo stesso tempo, debba guardare al futuro e dunque mettersi in discussione ed evolversi.
La passione di Elena si manifesta in ogni parola, c’è tanta soddisfazione nell’aprire le sue bottiglie e servirle con orgoglio e amore.
Come lavorate in vigna?
Grazie all’ottima esposizione delle nostre vigne e all’ottima ventilazione facciamo pochissimi trattamenti e, pur non aderendo al biologico, operiamo la lotta biologica usando un’alga del Nord. Lavoriamo sempre nel perfetto rispetto della Natura.
Tanti tuoi colleghi soprattutto sull’altopiano usano macerare i loro vini…
I 5 gradi di differenza tra Breg e Altopiano si sentono! 5 gradi in meno di media climatica che non porteranno mai le uve a una maturazione completa che qui invece è facile ottenere già a fine agosto. Per esaltare il terroir non abbiamo bisogno di estrarre sostanze dalla buccia, continuiamo a vinificare i nostri vini in bianco come abbiamo sempre fatto. Non ho niente contro una Vitovska o una Malvasia macerata, è uno stile, ma non è il nostro.
Elena non ha intenzione di fermarsi e apre tutte le bottiglie della linea Barde. Il Visavì, Malvasia con 10% di Glera, vino non troppo esuberante ma estremamente piacevole, fresco e sincero come il suo nome (francesismo scritto ovviamente alla triestina); la Vitovska Onavè, dal profumo ampio di pera con note di gelsomino e di miele, la Malvasia Poje, la varietà più antica dell’azienda, minerale, dal grande equilibrio.
Arriva anche un piatto di salumi a ricordarci che durante la bella stagione questa saletta per alcune giornata si trasformerà in osmiza.
È la volta del Matos Nonet (Malvasia istriana, Sauvignon ,Semmillòn) bianco intenso dai profumi caldi e intriganti che affascinano, il Terrano Hodì e infine il Refosco Imà che, dopo la maturazione nel rovere, riposa 5 anni in bottiglia prima di essere commercializzato. Refosco che bisogna saper aspettare, di corpo ma allo stesso tempo elegante ed armonioso.
Un pomeriggio così non poteva concludersi che con delle bollicine. Il perlage fine del Kamje, spumante a base Malvasia metodo Charmat sono perfette per brindare a Elena, una “mula” entusiasta del suo lavoro, alla sua famiglia e a i vini Barde che produce. Parovel, un’azienda che ascolta il suo passato ma guarda decisa al futuro. Grazie Elena del bel tempo consumato assieme e ricordati che a volte basta togliere un quadro….
Il vino è emozione. Gianpaolo Lescovelli( DOCET).
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