Se n’è andato Stanko Radikon, vignaiolo e poeta.

Non ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Stanko Radikon, ma ho imparato a conoscere i suoi vini e, con il tempo, ad amarli.
Le sue creazioni sono uniche ed evidenziano una personalità artistica decisa.
Me lo immagino burbero, forte, determinato, testardo ma sognatore, maestoso ma delicato; come descrivo i suoi vini, a volte estremi.
Il percorso, che possiamo definire artistico, di Stanislao Radikon (per tutti Stanko) inizia alla fine degli anni ’70. Un periodo speciale, di grandi cambiamenti per l’enologia italiana e lo è anche per le colline di Oslavia. Potremmo definirla una rivoluzione creativa di cui Stanko è uno dei grandi protagonisti. In controtendenza non vinifica in acciaio ma usa le barrique e produce vini a bacca rossa, grandi i suoi merlot.
Negli anni ’90 la svolta definitiva. Radikon diviene uno dei più grandi sostenitori della viticoltura naturale. Perfezionando la tecnica delle lunghe macerazioni, insieme all’altro grande di Oslavia, Josko Gravner, lancia uno stile creando vini unici che cambieranno l’enologia non solo delle nostre terre ma di tutto il mondo: li chiameranno Orange Wine.
Bottiglie per niente facili le sue, rappresentazioni complesse che non possono lasciare indifferenti; quadri dove il mare e il cielo non sono definiti e proprio per questo creano emozioni.
Tra le sue tante interpretazioni come non ricordare su tutte la Ribolla gialla; descriverla credo sia riduttivo, come parafrasare l’Infinito di Leopardi.
La morte è il contrario della vita, ma non per chi siede sull’olimpo dell’enologia.
I suoi vini e la sua personalità vivono e vivranno tra amore e critiche ancora e per sempre.
Condoglianze di cuore alla famiglia.
Forza Sasa, hai una grande responsabilità ma ricordati che sei figlio di un mito.

IL VINO E’ EMOZIONE.

G.LESCOVELLI – DOCET